Shopping compulsivo, alcuni scienziati riescono a “disattivarlo”

di La Redazione 0

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La mania dello shopping compulsivo non é una patologia recente, agli inizi del secolo scorso fu Krapelin il primo a parlare di “oniomania” o “mania di comprare“, per lungo tempo però questa fattispecie di mania non fu molto presa in considerazione  quando  nel 1996, Koran, psichiatra dello Stanford University, tornò a parlare di shopping compulsivo chiamandolo anche “epidemia nascosta”  e catalogando questa mania tra le malattie psichiatriche.

Gli psicologi ne parlano come di una patologia, una “dipendenza senza prodotto”, addirittura qualcuno ha parlato di “una tossicodipendenza senza droga”. Isabelle Chereau, medico francese, ha descritto perfettamente questo stato, questa patologia consiste in una tendenza a manifestare vere e proprie crisi di acquisto, una forma di mania delle spese, frequenti e ripetute di oggetti spesso inutili e che superano a volte le possibilità del nostro stesso portafoglio. Il soggetto non la percepisce e non riesce a motivarla, anche se comunque si sente costretto a metterla in pratica e dopo un acquisto raggiunge come uno stato di benessere e soddisfazione. Non di rado però, al termine dell’azione compaiono sentimenti negativi e sensi di colpa per aver ceduto a questa tentazione.

Si può fare cambiare idea al cervello e non fargli sperperare soldi inutilmente? Sembra sia possibile, una serie di esperti delle università più prestigiose d’America, che studiano da anni come bloccare lo shopping selvaggio. Questi scienziati sono riusciti a provare, in un esperimento affascinante le cui tecniche non sapremmo spiegare e non sarebbe neanche questa la sede, a disattivare la parte del cervello che ci spinge a sperperare denaro. Detto in soldoni, grazie a degli impulsi magnetici, una zona della corteccia prefrontale è stata attivata e disattivata e il risultato di questo cosiddetto “zapping cerebrale” è che l’impulso a comprare si affievoliva o aumentava. Al momento sembra solo fantascienza, ma chissà che in futuro non possa esserci davvero qualcosa di più concreto.

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