Fashion with roots, la moda no global

di La Redazione 0

Spread the love

La globalizzazione non poteva non arrivare a minare il mondo della moda. Oltre la creatività, oltre la singolarità, ci sono i colossi del pronto modo, i brand low cost e quei capi e quegli accessori che puoi trovare in tutto il mondo occidentale. Così ti trovi ad avere quell’abitino carinissimo ma uguale a quello di tante altre, prodotto serialmente e senza una personalità spiccata.

Questa tendenza potrebbe segnare la fine della moda , secondo quanto ha affermato Valerie Steele storica della moda americana che ha affermato, sul New York Time:

“Nella moda e nel costume l’esito della globalizzazione è già scritto: lo stile della strada, quello specifico di una cultura, una latitudine, una personalità, sparirà. Perché le generazioni più giovani di tutto il mondo comprano sempre più dagli imperi pronto moda come Zara”.

Eppure c’è una controtendenza, rappresentata dalla cosiddetta Fashion with roots, la moda con le radici.

Si tratta di una moda ancora legata alle singole culture, espressione di mondi e tradizioni differenti. Espressione di questo fenomeno è, ad esempio, il progetto International Wardrobe, portato avanti dalla berlinese Katharina Koppenwallner, che ha deciso di setacciare, viaggiando sa sola, gli angoli più remoti del mondo alla ricerca di costumi, tessuti locali, accessori folk.

Ci sono poi marchi come come Suno, dell’americano keniota d’adozione, Max Osterweis.  Da due anni nella boutique omonima di Downtown New York, Osterweis vende abiti Kanga con stoffe tradizionali del Kenya e delle regioni del Nord limitrofe.

E, ancora, la label Cobra Society della designer Alex Davis, produce a mano stivali di ogni forma e misura sul solco della tradizione castigliana.
Mentre Hollie Rogers, buyer di Net-a-Porter, ha creato da poco il marchio One Vintage, che trasforma tessuti tradizionali pregiati in nuove creazioni con l’aiuto di un team di sarte specializzate.

Va poi citato il  marchio, fondato, due anni fa, da  Dana Alikhani e Tatiana Santo Domingo. Si tratta di  Muzungu ( che in Suaheli significa ‘viaggiatrice’) Sisters.  La label offre kaftani tradizionali  e anche accessori che provengono, ad esempio, da Marrakesch o dalle Ande peruviane.

Una tendenza, dunque, fortunatamente in crescita e che nasce già deici anni fa con la boutique Opening Ceremony, Humberto Leon e Carol Lim, che continuano a riportare da tutto il mondo, in occidente, pezzi rarissimi che vendono nei loro negozi.

Fonte: d.repubblica.it

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>